Il revival della scorsa stagione, in occasione dei cinquant’anni del debutto, è stato uno dei più recenti trionfi a Broadway. Forse su questa spinta Costantino della Gherardesca e il produttore regista Giorgio Bozzo hanno deciso di riallestire in Italia The Boys in the Band, il testo di Mart Crowley. Commedia spartiacque per più di una ragione: primo testo contemporaneo a ritrarre “dall’interno” i molti aspetti della vita omosessuale maschile, in anticipo solo di pochi mesi sulle rivolte di Stonewall, da cui iniziò un radicale mutamento di atteggiamento del sociale rispetto alla realtà omosessuale. Dunque dotatissimo, ma paradossalmente ancora attuale. Se l’orizzonte claustrofobico di infelicità a cui sono condannati tutti i personaggi appartiene al millennio scorso, i caratteri e le dinamiche che muovono i rapporti tra loro sono ancora moneta corrente. Nello stereotipato folklore gay in cui Crowley colloca i protagonisti della vicenda, il lavoro si rivela importante nel suo spaccato archeologico e nella sua eternità di archetipi, specchio bifronte tra ieri e oggi. Un classico, una pietra miliare? Per molti versi, sì. A cominciare dall’abile ricetta praticata dall’autore, mix di dramma e commedia dai perfetti tempi e colpi di scena e dagli incalzanti incontri/scontri tra i diversi personaggi (il nevrotico compulsivo acquirente di abiti firmati, l’esibizionista “farfalla” o il drogato di sesso), rivelandosi per più di un aspetto eredità diretta dei migliori Wilde e Coward. Bozzo prende forza da tali aspetti della drammaturgia e non rifugge gli aspetti “scaduti”, anzi, ne sottolinea la distanza dalla contemporaneità quando dichiara di averne voluto fare un termine di confronto per le conquiste ottenute nei decenni dal movimento Lgbt, perché non si abbassi la guardia sui diritti conquistati. A condividerne l’aspetto di rivendicazione è coinvolto un cast assolutamente coeso, in cui ciascun attore, forse con qualche dislivello di talento, si sente protagonista di un’operazione importante. Così che la Band dei Boys suona davvero con un’unica voce.
Sandro Avanzo
Hystrio – Trimestrale di teatro e spettacolo
Maurizio Porro
Corriere della Sera
In attesa di vedere la nuova produzione Netflix che rilancerà il titolo e con la memoria ancora viva del bel film di Friedklin del ’70 – allora recensito con un plus valore di omofobia da sentenziosi critici – questa edizione teatrale di “The boys in the band” allestita da Giorgio Bozzo è un miracolo. Perché riesce ad essere moderna senza tradire lo spirito del tempo un poco vintage, mette insieme un gruppo di giovani attori variamente assortiti ma coesi, riporta a galla le pulsioni di un testo ancora perfetto nel suo equilibrio delicato tra dramma e commedia, perfetto per un pubblico che oggi conosce il tema ma vuol andare oltre il “Vizietto”. Ed è divertente in ogni senso, due ore passano senza guardare una volta l’orologio, il che accade di rado oggi a teatro.
Antonio Bozzo
Il Giornale
In una vasta zona della Polonia sono banditi gli omosessuali. Vietati, come fossero rifiuti pericolosi che non vanno abbandonati in strada. Non c’entra nulla con The Boys in the Band, la commedia che Giorgio Bozzo produce e dirige, e che ogni teatro assennato dovrebbe ospitare in cartellone. Nulla c’entra: il lavoro cult del 1968, di Mart Crowley, resta però uno spettacolo diventato bandiera di diritti che non siamo autorizzati a credere definitivamente acquisiti. Ed ecco che la Polonia, lontana ma vicina, c’entra. Ed è un peccato, perché non ci sarebbe bisogno di modernissimi orrori (le restrizioni polacche) per gustare uno spettacolo che diverte, fa riflettere e ci fa capire quanto il teatro – quando mette in scena bravi attori e storie piene di senso – sia ancora importante in tempi che molti vorrebbero ridotti ai rituali digitali.
Antonio Garbisa
Metro
Nove magnifici interpreti sul palco del Teatro Nuovo di Milano hanno conquistato ieri sera la platea dando vita a “The Boys in the Band – Festa per il compleanno del caro amico Harold”, la pièce del ’68 dell’americano Mart Crowley con la regia di Giorgio Bozzo a cui va il merito di portare oggi in Italia questo gioiello di commedia in una sua curatissima messinscena. Il testo, tradotto con l’intelligenza e la sensibilità che da sempre contraddistinguono Costantino della Gherardesca, ha immerso gli spettatori in uno spaccato del mondo gay newyorchese di quegli anni. Un ritratto vivido e, a tratti, feroce in quel confronto doloroso nell’accettare se stessi che rivive sulla scena grazie ad uno scambio di battute incalzante e in continuo “crescendo”. Già, perché questa commedia che parte come “brillante” assume, via via, i toni del “dramma” mettendo al centro, senza sconti né ipocrisie, i rapporti interpersonali di un gruppo di amici omosessuali che si ritrovano a festeggiare il 32simo compleanno di un loro amico Harold. Fa piacere ritrovare in questo teatro di prosa alcuni noti performer del musical italiano che mostrano qui una maturità ed una coscienza attorale per alcuni versi del tutto inaspettate e sorprendenti che si spera di ritrovare presto anche in altre pièce: da Samuele Cavallo ad Angelo Di Figlia fino a Yuri Pascale Langer. Un cast completato da altri eccellenti attori professionisti (alcuni dei quali usciti dalla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi) come Federico Antonello, Ettore Nicoletti, Paolo Garghentino, Michael Habibi Ndiaye e Francesco Aricò che regalano ai rispettivi ruoli tutta la loro sensibilità e bravura d’interpreti. “The Boys in the Band” è un appuntamento teatrale di valore assolutamente da non perdere per capire, in due ore filate di spettacolo che scorrono via in maniera rapida ed impetuosa, quanta strada sia stata fatta per i diritti per le persone gay e quanta ancora sia da percorrere.
Monica Renna
Spettatrice
Uno spettacolo che scuote e fa riflettere su un tema sempre attuale. Ogni protagonista porta in scena e offre allo spettatore un dramma personale, un limite che vuole e deve essere superato. Un percorso verso la scoperta personale che è tutt’altro che prevedibile.Ma siamo sicuri che il più forte è colui che mette tutti al muro? Una bella parabola portata in scena da un cast davvero eccezionale, con un finale che non vi aspettate.
Rosy Ruggiero
Spettatrice
Assolutamente da vedere: diretto, incalzante, ironico e per nulla noioso… con molti spunti di riflessione e molto ben realizzato! Difficile non affezionarsi ad almeno uno dei protagonisti!
Domitilla Colombo
Spettatrice
Un meraviglioso caleidoscopio di personaggi, sentimenti, citazioni, per scoprire (o riscoprire) qualcosa in più in ognuno di noi, non importa se in blazer, camicia o canottiera. Una “cognizione del dolore”, ma anche dell’amore, totalmente all’altezza della versione cinematografica.
Fabio Garuffo
Spettatore
Uno spettacolo attualissimo, nonostante l’età, con delle battute al vetriolo e a volte talmente serie da lasciarti senza pensiero. Recitato benissimo. Non ti scivola addosso come un altro qualunque spettacolo teatrale, ti lascia qualcosa dentro. Da non perdere.
Tiziana Azzali
Spettatrice
Ho visto questo spettacolo il 16 di febbraio a Milano e spero tanto che arrivi anche nella mia città Genova. Una testo autentico piena di sentimento. Si percepisce il dramma personale di ogni singolo personaggio. Uno spettacolo che parla di un argomento più che attuale anche se fortunatamente sono stati fatti passi da giganti rispetto a 50 anni fa; ma strada da fare ancora ce n’è. Uno spettacolo che andrebbe portato in ogni città e per il quale andrebbero coinvolte anche le scuole. Sono contenta di aver partecipato anche io al compleanno e spero di riuscire a parteciparvi ancora: davvero un bel messaggio.
Mario Laudato
Spettatore
Lo spettacolo di cui l’Italia aveva davvero bisogno: una dark comedy che finalmente parla dell’universo gay senza pregiudizi né paternalismi, una sceneggiatura schietta, sincera, talvolta crudele ma sempre autentica. Le situazioni e i temi proposti sono ancora attuali nonostante gli anni trascorsi dalla prima rappresentazione. Un cast di giovani attori bravi, belli ed entusiasti: si va a teatro ma è come trascorrere una serata in casa di amici.
Claudia Scaccabarozzi
Spettatrice
Uno spettacolo assolutamente da vedere, il teatro non deve sempre essere solo divertimento (e qui vi divertirete anche), ma può anche, deve anche far riflettere. E al di là del vostro orientamento sessuale sicuramente vi riconoscerete in alcune delle situazioni raccontate e sembrerà anche a voi di star partecipando ad una festa tra amici, in cui vi divertirete, e forse ad un certo punto vorreste anche scappare, o forse no… C’è una cosa infatti che mi colpisce sempre di questo spettacolo. L’ho visto 5 volte in 3 teatri diversi, con spazi scenici diversi, ma ogni volta si passa dall’euforia dell’inizio, dal ridere di tante battute, al silenzio, rispettoso, quando il ritmo incalza e il testo diventa più serrato. Non vola più una mosca in sala… la forza è sicuramente nel testo, nella regia, nella traduzione e nella bravura degli interpreti di cambiare registro. BRAVI!